La Corte di Giustizia dell’UE chiarisce che la mancata iscrizione al sistema VIES non basta, da sola, a negare l’esenzione IVA per operazioni intracomunitarie, in assenza di indizi di frode.
Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 9 febbraio 2017.
Sembra sia arrivato il momento per le aziende italiane di sollevarsi dalla pressione che hanno sofferto in questi anni da parte dell’Agenzia delle Entrate nel richiedere l’IVA italiano su operazioni fatte con veri e propri operatori europei (non consumatori).
La Corte ha chiarito che la Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che ostacola l’amministrazione tributaria di uno Stato membro a negare l’esenzione dall’IVA su una cessione intracomunitaria solo perché l’acquirente non è iscritto al sistema VIES, pur essendo domiciliato nel territorio dello Stato membro di destinazione e titolare di una partita IVA valida per operazioni in tale Stato.
In assenza di indizi di frode, e se risultano soddisfatte le condizioni sostanziali per l’esenzione, tale iscrizione non può essere considerata una condizione essenziale. Tale Direttiva, interpretata alla luce del principio di proporzionalità, osta del pari a tale diniego qualora il venditore fosse a conoscenza delle circostanze che caratterizzavano la situazione dell’acquirente in riferimento all’applicazione dell’IVA, ed era persuaso che l’acquirente sarebbe stato registrato retroattivamente come operatore intracomunitario.